La smisurata lunghezza della mia regione di nascita comporta almeno due conseguenze di natura pratica. La prima è l’illusione che l’ingresso autostradale nella regione, posta verso il casello di Poggio Imperiale, crea nel turista che deve recarsi per la prima volta a Leuca.
“Ehi, il cartello dice che siamo arrivati in Puglia!!”
“Bello, quanto manca a Leuca?”
“Boh, che ne so, ma quanto sarà mai, siamo in Puglia ormai, che ci frega, quanto mai sarà lunga sta regione, cento, centocinquanta kilometri?
“Infatti, sento già l’odore dellu sule, dellu mare e dellu ientu!!!”
” Possiamo già toglierci le cinture di sicurezza, risparmiamo tempo!”
Già, vaglielo a dire che a Leuca mancano ancora oltre 400 km, cinque cacchio di province da attraversare tra autostrade, superstrade, strade comunali e sentieri paludosi, e un botto di ore in cui si arriverà ad invocare la morte come una liberazione dall’abitacolo.
La seconda conseguenza della lunghezza della regione Puglia è la compresenza, all’interno della stessa, di spaccati antropologici assolutamente distanti e che in comune hanno ben poco. Per ragioni di brevità, mi concentrerò esclusivamente sugli stereotipi stucchevoli sulle differenze antropologiche esistenti tra il bagnante barese e il bagnante salentino nel loro modo di concepire il mare e la spiaggia.
1° Sottile Differenza: il chilometraggio percorso per recarsi al mare.
Il bagnante barese ha dovuto fare i conti con la dura realtà della geologia costiera pugliese, ovvero che a fronte a centinaia di coste paradisiache di spiaggia che la natura ha letteralmente vomitato in faccia al tacco d’Italia, alla città di Bari e al suo circondario è toccata una costa lievemente infame, fatta di scogliere basse e poco praticabili, del tutto inadeguata a recepire decine di migliaia di persone che sbavano voglia di mare, e che ogni volta che il termometro arriva ai 20 gradi si precipitano sul litorale manco fosse l’ultimo giorno su questa terra. Ecco dunque che, non essendoci posto per tutti, il barese deve mettersi in macchina e macinare fior di kilometri per soddisfare la sua fame di mare. Che siano le coste del Gargano, del tarantino o del brindisino, e fino al più basso Salento, i bagnanti baresi si spandono a macchia d’olio lungo la regione e approdano come novelli esploratori letteralmente dovunque, dalle località più rinomate ai luoghi più desolati sconosciuti ai più. Sciamano come cavallette dalla capitale e raggiungono qualunque luogo che sia minimamente raggiungibile. Nessun luogo è precluso al barese. Nessun luogo della Puglia è stato scoperto prima dell’arrivo di una comitiva barese.
Il barese è capace di alzarsi la mattina alle 5, partire in direzione Ugento, ovvero a 220 km dalla città, e tornare in giornata a casa in tempo per la cena. Traffico e distanze non lo impressionano, la scomodità è gestita con la stesso pratico spirito di adattamento che lo portano a passare una giornata al mare nei litorali vicini alla città nonostante siano composti da scogli aguzzi come lame di una katana giapponese e l’accesso all’acqua sia talmente difficoltoso da far desistere un sub professionista.
Il bagnante salentino è uno baciato dalla fortuna. Il più sfigato posto del Salento dista dal mare al massimo 25 km. Praticamente al massimo mezz’ora di macchina. Questa condizione, assieme all’atavica accidia tipica del salentino, ha fatto sì che il salentino medio non stia tanto a girare, ma faccia riferimento al posto di mare più vicino, senza star troppo a fare calcoli. Ogni Comune ha la sua marina di riferimento, e il criterio di vicinanza geografica trionfa sempre, e pur di non muovere le chiappe dieci kilometri più in là, il salentino accetta anche il tratto di mare meno affascinante a dispetto del tratto caraibico che dista qualche movimento di chiappa più a destra. Per il salentino il mare è tutto tranne che sbattimento, e dunque ben venga la spiaggia con a fianco il canale di scolo delle acque reflue, se dista dieci minuti di macchina. Leggi il seguito di questo post »