Egli si alzò, la sollevò dalla poltrona e se la strinse forte al cuore.
“Adesso, eccola qui, sul mio cuore” – esclamò. – “Dio, Ti ringrazio! Ti ringrazio per tutto, per tutto: per la tua collera e per la tua misericordia! … E per il tuo sole che adesso, dopo la tempesta, torna a risplendere su di noi! Ti ringrazio per questo momento! Ah, che importa se siamo umiliati, se siamo offesi, purchè stiamo di nuovo insieme e trionfino pure i superbi e i prepotenti che ci hanno umiliati e offesi! Scaglino pure la pietra contro di noi! Non temere Nataša…Andremo loro incontro, tenendoci per mano, e io dirò: ” Questa è la mia cara, la mia diletta figliuola, la mia figliuola innocente che voi avete offeso e umiliato, ma che io amo e benedico nei secoli dei secoli!…”
L’ingorgo di intrighi, stretto e chiaroscurale, che ha provato a soffocare la vita della famiglia di Nikolai Sergeic Ichmenev, scompare all’improvviso. Ma non perchè non si sia consumato vittoriosamente la trama perfida del principe Valkovskij, teso ad umiliare padre e figlia. Ma perchè la profonda umanità dei personaggi che si aggirano nei vicoli di San Pietroburgo, i loro legami messi alla prova dalla cattiveria del potente di turno, la loro profonda tensione verso il bene, alla fine prevalgono in un lieto fine non stucchevole, perchè il prezzo lo si paga comunque. Il prezzo del rimpianto per gli errori commessi, per il tempo perso, per un amore che non riesce a sorgere ancora, per una straziante morte in epilogo che chiude il cerchio della commovente morte iniziale. Nelle trafelate notti di San Pietroburgo, mentre l’intrigo si consuma e i fili vengono tesi a braccare i vinti, i personaggi apparentemente minori del romanzo breve si stagliano su queste pagine piene di ombre ed angoscia. La piccola Nelly su tutti, la sua storia, la sua malattia, il suo passato di abusi e miseria nera, la sua furia autodistruttiva e quel bisogno di amore impresso a fuoco nelle lacrime e nelle grida che rivendicano mute, fino alla fine, una qualunque giustizia.
Tutta intorno a Vanja, testimone morale e sguardo dello scrittore sul turbine di ingiustizie e clamori soffusi, di maledizioni familiari e riconciliazioni evangeliche, si affolla e si lamenta poi, con straordinaria dignità, quella povertà sciamante che pare quasi un respiro solo, nei vicoli male illuminati, davanti ai vetri dei negozi di dolciumi, negli appartamenti affollati destinati a bordello di minorenni, nel barcollare ormai finale di un vecchio che “con passo lento e malfermo, movendo le gambe come fossero pertiche, quasi senza piegarle, ingobbito, picchiando il bastone sulle lastre del marciapiede” si avvicina ad una pasticceria poche ore prima di morire.
Tra i suoi romanzi minori, uno dei più riusciti. Dostoevskij riesce a dipingere i meravigliosi squarci delle notti cittadine, e forse solo in Delitto e Castigo riesce a superarsi e a rendere ancora più affascinante quell’immenso palcoscenico di un continuo romanzo di appendice. La perfidia di alcuni, persino l’ingiustizia mulinante dei trabocchetti e dei colpi di scena, scompaiono di fronte a quel fiducioso cristianesimo antico con cui l’autore carica di umanità i suoi personaggi, permettendogli alla fine, nonostante le ferite visibili e le morti, di poter sperare, non senza tremore, in una nuova alba sopravvissuta alle tragiche notti di San Pietroburgo.