Avevo neanche nove anni quando cominciai a soffrire di insonnia. Così all’improvviso, una sera, doveva essere la primavera dell’83. Mi ricordo che era un lunedì perchè alla televisione davano il “lunedì film” su Raiuno, introdotto da quella strana sigla di Lucio Dalla che noi fratelli provavamo ad imitare con risultati disgustosi. Sembravamo dei baby-rappers precursori dei tempi ma ahimè in preda ad una paralisi della parte sinistra del volto.
Finito il film mia madre mi accompagnò a letto, e semplicemente rimasi sveglio per cinque o sei ore senza un motivo, in preda al panico. Durò tre anni, fino all’inizio della scuola media, e per uno strano gioco del mio cervello schizzato prese a capitarmi solo la domenica sera, al termine del week-end. Potevo rimanere sveglio un’ora o quattro, a seconda della tensione.Vagavo impigiamato negli interminabili corridoi di casa, con le lacrime agli occhi, stando attendo a non singhiozzare per non svegliare gli altri, finchè la stanchezza non prevaleva sull’orrore dei miei pensieri. Sembravo uno strano Kirillov senza samovar a portata di mano, ma in compenso potevo dargli dei punti in quanto ad angoscia (solita citazione dostoevskijana per far vedere che ce l’abbiamo grosso).
Fu in quel periodo che cominciai a leggere a letto. Topolini, Grandi Classici, MegaAlmanacchi, Almanacchi di Paperino, il mio comodino era sommerso dai giornalini. Erano i farmaci prescritti dai miei genitori. Leggi, addormentati, stai in pace e sopratutto non scassare il cazzo a me (quest’ultima la aggiungeva mio padre). Avessi avuto altri progenitori, forse avrei assaggiato pillole colorate e fantasmagoriche, ma i miei propendevano sempre, anzitutto, per soluzioni casalinghe. Nel frattempo quei tre anni procedettero crudeli e mi sembrano ancora essere durati una vita, come il pensiero di quelle domeniche passate nell’angosciante attesa della notte insonne mi fa venire ancora diverse dita di pelle d’oca. Sicuramente la letteratura disneyana mi aiutò, anche se fu un’altra cura improvvisata ad essere risolutiva.
Quello che mi salvò dall’insonnia fu infatti l’incontro con Noè.
No, non mi facevo di acidi, nè frequentavo barboni dal nome tipicamente biblico. Semplicemente, vidi il film La Bibbia di John Huston. Non tutto il film, è evidente, dura miliardi di ore. Però all’episodio di Noè, che in fondo è a pagina due della Genesi, ci arrivai agevolmente. Bene, c’era una scena che mi colpì molto. Noè, dopo essersi fatto il mazzo per costruire un’arca gigantesca a colpi di accetta sega e martello, a sopportare gli insulti e pure le sputazze dei paesani che giustamente annegheranno come i topi che sono (noi sottovalutiamo la bellezza della giustizia divina dell’antico testamento, io ne rimango ogni volta ammirato per la sua perfezione), a radunare in tempo le fottute coppie di animali, insomma si fa un culo a strisce e alla prima notte di pioggia che fa? Semplicemente si distende nel suo giaciglio di fieno, accanto al bivacco, mentre fuori viene giù il diluvio universale e si gode il meritato riposo. In balìa delle onde che si formano, nel continuo crepitare della pioggia sul legno dell’arca, soddisfatto delle sue azioni e fiducioso nella volontà divina, Noè si addormenta accanto al fuoco, e nonostante la storia del mondo si stia compiendo esattamente in quel luogo e lui ne sia il factotum, il vecchio se ne astrae temporaneamente, semplicemente cadendo nel sonno profondo, come se per quelle poche ore tutto si annullasse, o non valesse nulla.
Il mio psichiatra mi dirà un giorno perchè quella scena mi colpì tanto. Fatto sta che quando la sera andavo a letto pensavo spesso al sonno di Noè in pieno diluvio, protetto dall’arca e scaldato dal fuoco, e la sensazione che mi restituiva quella scena era quella di placarmi l’ansia di rimanere sveglio per tutta la notte.
L’insonnia infantile passò definitivamente non appena mi accorsi che al mondo si poteva restare svegli per motivi molto più piacevoli, ad esempio i film porno che gli spumeggianti anni 80 sparavano dopo le 23 in qualsiasi rete locale. Ma quella è un’altra storia, e chiama in causa lo sport preferito dagli adolescenti, che non è certo la lettura della Bibbia.
Oggi, e in fondo spesso accade così, le piccole cose tendono a collegarsi a quello che vivevi ieri nel solito modo che mette impressione. Il pensiero di Noè è scomparso dalla mia mente quando vado a letto (forse). Ma la cosa incredibile, o forse solo quello strano processo di confronto/superamento che abbiamo in corso col nostro passato, ha fatto sì che da anni ormai il momento prima di dormire non sia più uno spauracchio, ma anzi è divenuto il momento più pacificante della giornata. Anche se mi trovo alla vigilia di impegni importanti o di scelte difficili e sanguinose, il ritrovarmi la sera a leggere a lume di candela di storie fantastiche, di gialli ambientati in pieno medioevo, di amene storielle paperopoliane, riesce ogni volta ad isolarmi dalle difficoltà che paiono paralizzarmi o angosciarmi, come se ogni sera fosse la mia preziosa zona franca in cui non può entrare alcun male. Un momento in cui posso permettermi di abbandonare le difese, nonostante la pioggia batta sull’arca e le onde la sballottino. E in cui possa magari anche brulicarmi una qualche mezza idea per decidere quello che domani è ancora informe ed incombe a poche ore di distanza, e che i miei occhi che cedono al sonno e alle fantasie dei libri letti, possono ancora permettersi di ignorare con la stessa biblica incoscienza di tanti anni fa.