Sotto i portici della via Emilia, nella città in cui lavoro. Sono assieme ad un amico/collega dello studio CavaTuraccioli.
Parla solo lui, io dopo qualche minuto sono già totalmente alienato e distante dai suoi pizzosi discorsi, che comincio a guardare quello che accade nel mondo con maggiore interesse.
Bah, niente di che nemmeno all’esterno, una pletora di immigrati squadrati dai borbottii delle vecchie del luogo quali potenziali stupratori (aggiungerei anche ambiti, desiderati, implorati, vista l’età pleistocenica di qualcuna di loro), gli strilloni del giornale di paese che a nove colonne annuncia una incredibile rapina della bellezza di 500 euro in un fantasmagorico tabacchino da parte di due geniali rapinatori col passamontagna degni di Lupin, che dopo sono fuggiti incredibilmente a piedi, facendo perdere le loro tracce. Io sto a pensare per un minuto a cosa ci sia di così spettacolare nel più anonimo e schifoso furto del secolo, e mi rendo conto di due cose: 1) che se i cronisti della provincia emiliana venissero a fare uno stage di due mesi in un giornale pugliese, morirebbero di crepacuore per l’emozione prima della fine dello stesso; 2) che in Emilia, di norma, in definitiva e in buona sostanza, non succede un bel cazzo di niente.
Il mio amico intanto continua a parlare in un vortice ubriacante di argomenti, passando senza apparente contraddizione dalle bocce della Canalis che sfidano le leggi della gravità (vero) , il problema dello smaltimento degli olii usati (mastigrancazzi), l’effetto antiossidante del lambrusco che compensa l’uso smodato di maiale (leggenda metropolitana falsa e tendenziosa millantata da emiliani che dopo 5 anni avranno il primo infarto).
Mi distraggo ancora e presto stavolta l’orecchio a voci sgraziate che arrivano dai gradini dell’ingresso di una scuola superiore. Lì svaccano, ed è persino elegante usare questo termine, una decina tra ragazzi e ragazze, avranno sedici anni.
Ci sono tre distinti gruppi a comporre una visione laocoontica che vede lottare dignità e miseria umana con netta prevalenza di quest’ultima.
Primo gruppo: tre ragazzi. Premetto che non vi descriverò come sono vestiti, perchè non spreco il mio tempo. La descrizione più precisa è che vestono come un mucchio di idioti senza cervello. E se lo dico io, che vengo direttamente dagli anni ’80, buona camicia a tutti.
Il ragazzo A è in disparte, col corpo reclinato in basso, la testa che guarda il marciapiede, e sembra avere conati di vomito. In realtà no, contorce la mascella, le guance si gonfiano e si sgonfiano, gli occhi chiusi e l’espressione divertita. Dopo dieci secondi di quello strano rituale, apre la bocca e rilascia il più gigantesco bolo di saliva che io abbia mai visto, una patacca di dieci centimetri di diametro e cento grammi di peso che si spiaccica sul marciapiede con un tonfo globulare. Il ragazzo A si alza, si pulisce i bordi della bocca col braccio, e si guarda attorno alla ricerca di testimoni. Trova lo sguardo di un altro, il ragazzo B, e di un altro ancora, il ragazzo C, e tutti e tre cominciano ad emettere dei suoni gutturali di reciproca soddisfazione, gli occhi semi chiusi, la schiena in perenne cifosi, una giovinezza buttata nel cesso da tempo. Leggi il seguito di questo post »