Mohammed è un ottimista

12 gennaio 2009

Mohammed fa il peggior kebab della città. Ora, non ho girovagato per tutti i kebab dei dintorni per sapere se è vero, ma forse voglio solo augurarmi che non ci siano kebab peggiori di quello di Mohammed. Io, beninteso, mangio solo i suoi kebab. Perchè è praticamente sotto casa mia e, per quanto mi piaccia farmi scartavetrare lo stomaco con lo street-food musulmaneggiante, non sono il tipo da farmi duecento metri per andare a comprarne un altro di poco migliore. E poi perchè Mohammed è un gobbaccio come me. Ma di quelli seri, non semplici simpatizzanti. La sua fede incrollabile e la sua sottomissione totale, segni distintivi del vero musulmano, sono stati messi a servizio di una squadra di calcio (so che il paragone blasfemo lo porterebbe a tagliarmi la gola, ma Mohammed non legge i blog, questo lo do per scontato). Dietro al bancone del kebab c’è uno specchietto con lo stemma della juve in bella mostra. Tuttosport sullo stretto mensolone di chi mangia in loco. Pochi e discreti segni di una passione cristallina.

Mohammed è uno che sorride sempre, anche a se stesso. Sta lì, dietro il banco, a preparare panini e infornare pizze, prendere i soldi e dare il resto, e sorride sempre. Non come un ebete, ma proprio come uno che non conosce il motivo per cui non si dovrebbe sorridere. Quando entro io, si illumina. Eppure compro qualcosa solo una volta su dieci. Il suo socio, invece, taciturno e torvo, quando mi vede entrare poco ci manca che mi dia un calcio in culo perchè sa: a) che non comprerò niente manco stavolta; b) che parlerò 20 minuti fitto fitto della formazione della Juve per domenica, del periodo di forma di Del Piero, degli acquisti da fare, di quel bidone di Legrottaglie, ecc. E Mohammed, col suo italiano impeccabile e l’accento franco-maghrebino, mi risponderà a tono dimostrando di saperne quasi sempre più di me.  Quando vado a vedere le partite a casa di Copeland, passo sempre prima da Mohammed, mi affaccio, e ci incitiamo a vicenda. Quando invece entro per comprare è il suo socio ad illuminarsi, ma sempre in modo torvo, come a dire: e finalmente compri qualcosa, pezzente, mi hai sfracanato i coglioni tu e la tua juve.

Mohammed poi è uno che non se la piglia, che non si fa prendere troppo dalle vicende esterne. Se Israele bombarda Gaza e i suoi fratelli arabi muoiono a frotte, e tu gli chiedi cosa ne pensa, lui si limita a scrollare il capo e a dire: “gli ebrei fanno sempre casino”, che è francamente la cosa più filo-sionista che in questi giorni mi si capitato di ascoltare sulla coevissima campagna militare. Il suo socio invece è un incazzato, minchia l’ho visto sabato scorso ad una manifestazione pro-Gaza, era in testa al gruppo sventolando una bandiera palestinese e urlando come un muezzin oscure frasi in arabo tra cui certamente c’erano terribili maledizioni sull’intera stirpe di Abramo, Isacco e Giacobbe. Mohammed invece l’ho visto preoccupato in questi giorni più perl ‘assenza di Chiellini domenica. Per un attimo si è accigliato, a sapere che giocava Ariaudo (chi cazzo è Ariaudo?), poi ha ripreso a sorridere.

Tempo fa venne in visita in città il presidente della Repubblica. Il suo codazzo di macchine sarebbe passato nella via principale, di cui la nostra è una piccola traversa. Entro da Mohammed e, così, tra una chiacchiera e l’altra glielo dico: “guarda che tra un po’ passa il presidente”. Lui si illumina, mi chiede di più, sembra più emozionato di me, anzi lo è, perchè a me francamente importa meno di zero. Esce fuori, si guarda un po’ qua e un po’ là, sti strofina le mani e poi rientra.

“Pensa” – mi dice sempre sorridendo -“se si fermasse qui a mangiare un kebab. ..”

Io ricambio il sorriso, penso che sarebbe una scena proprio da vedere, poi lo guardo meglio e cribbio capisco che un pochino, sotto sotto, lui ci spera davvero.

Da buon scettico occidentale smaliziato lo richiamo alla realtà: “Mohammed,  guarda che non accadrà mai”.

Lo vedo distogliersi da strani pensieri – penso stesse già pensando cosa chiedere a Napolitano, se voleva anche la cipolla e le salse, se lo mangiava sulla mensola o lo portava a casa – e mi dice:

“Lo so, lo so che non si ferma, però pensa se succede davvero…”

Io li detesto, sti immigrati pieni di speranza.