A volte è buffo come l’oggetto di un futuro post ne diventi un misero antefatto da liquidare in poche righe. Quello che doveva essere il racconto della mitologica reunion dei cinque stronzi, Paperoga, Gastone, Vlad, Il Merda e il dott. Kildare, cede invece e di prepotenza il passo alla sua postfazione. Un blogger deve farsi guidare dalle sensazioni, e la mia sensazione in questo momento è quella di chi sta tirando sacramenti da due giorni senza posa. Ecco perchè il racconto di cinque ex ragazzi che tornano sulle strade di montagna, zaino e tenda in spalla, a camminare come ai vecchi tempi dell’adolescenza, scolorisce rispetto a quanto avvenuto nel viaggio di ritorno.
Domenica pomeriggio. Autostrada A14. Paperoga alla guida, Gastone al mio fianco accartocciato nelle sue lunghe leve, Vlad stravaccato dietro nella sua solita posizione tombale. Stanchezza diffusa, 15 km a piedi in due giorni non sono pochi, ed una mangiata finale in un’osteria della montagna romagnola certo non ha aiutato. Code a tratti, ultimo controesodo in atto. Il tempo, limpido e soleggiato fino al mattino, si è velato, abbiamo incontrato già diversi sgrulloni tardo-estivi.
All’altezza di Faenza, e verso Imola, all’orizzonte mi si palesa un tempaccio nero, nuvole bassissime ed uno strano vento intorno. Io, che mi aspetto sempre il peggio, faccio a Gastone: “Uhm, guarda là. Mi sa che ce la prendiamo in culo.” Gastone, il solito disattento, scuote le spalle. Vlad dietro pare imbalsamato, si spera morto.
Proseguiamo, lemme lemme, e il panorama non lascia grandi speranze: stiamo per entrare dentro ad un temporale devastante. Nuvole nerissime, il vento che si ferma di nuovo, l’aria è grigia e brillante. Io, che mi aspetto sempre il peggio, scruto nervoso e mi dico che non è un temporale normale. Gastone pensa solo a come incastrare le sue palanche alla bene meglio, Vlad è lì dietro, immoto come un nodoso ramo di platano.
Siamo fermi in coda quando il primo rumore secco sull’asfalto asciutto arriva, da me del tutto atteso. E’ un chicco di grandine. Il secondo arriva dopo 5 secondi. Grossi come ciliegie, cadono a lunghi intervalli di tempo. Il vento si riprende, e assieme al vento aumenta il ritmo della grandine. Un chicco ogni tre, ogni due, un chicco al secondo. Poi nel giro di qualche istante, all’improvviso, provocato da nulla di apparente, arriva l’inferno di ghiaccio. Il vento diventa turbine, mulinello, e dal cielo cadono sassi della dimensione anche di una albicocca. Dall’alto in basso, da destra a sinistra, il vento li scaglia dovunque, come proiettili vaganti. Il rumore sulla macchina mi raggela. Una smitragliata in pieno stile anni ’30 a Chicago. Carozzerie e vetri vengono bersagliati da chicchi sempre più grossi.
Io, che mi aspetto sempre il peggio, comincio a mettere le mani sulla testa e ad accovacciarmi. E le due teste di cazzo che mi accompagnano, direte, che supporto danno?
Vlad si è svegliato, e meno male, ed osserva il tutto con un crescente entusiasmo. La forza della natura, la violenza degli eventi lo trasforma in un fanatico millenarista: “Si, la forza di Dio! La potenza di Dio! Il fragore di Dio, la natura tutto distrugge!” Savonarola al confronto era un mite frate minore.
Io che mi sto cagando addosso dalla paura e sopratutto comincio a presagire i danni che tutta questa potenza di Dio farà alla mia macchina cerco di saltargli addosso: “LA POTENZA DI DIO? LA FORZA DI DIO? MA CHE CAZZO DICI E SOPRATUTTO CHE CAZZO STAI RIDENDO, TESTA DI CAZZO CHE QUA SI STA SPACCANDO TUTTO!!”
Gastone, da parte sua, guarda il tutto come se stesse sognando, con aria non del tutto conscia del disastro presente e futuro. Poi, volge il capo verso la campagna che costeggia l’autostrada, e mira le piantagioni di vite come un fottuto poeta: “Che peccato” sospira, “tutto il raccolto andato distrutto”.
“TUTTO IL RACCOLTO ANDATO DISTRUTTO?? IL RACCOLTO?? MA CHE CAZZO ME NE FREGA DI QUELL’UVA DI MERDA, CAZZO, LO VOLETE CAPIRE O NO CHE SE CONTINUA QUA MI DISTRUGGE TUTTO? CHE CAZZO STATE RIDENDO ANCORA TUTTI E DUE!!!????”
Sono tentato dallo scendere dalla macchina, rischiare un trauma cranico multiplo pur di raccogliere in bel mucchietto di sassi ghiacciati da tirare a questi due maledetti tangheri.
Prima che mi prenda un infarto mi placo, e continuo a sentire i colpi rutilanti e violenti sulla macchina, e nulla dà l’impressione di attenuarsi. Io metto le mani sulla testa, disperato, ed è uno di quei momenti in cui non sai se stai pregando o stai bestemmiando. Forse sto preghemmiando, scusate il neologismo.
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