Teoria e pratica di consumismo

28 novembre 2013
consumo
Siccome cambio cellulare più o meno con la stessa frequenza con cui una cometa visibile compie il suo passaggio sopra il pianeta Terra, l’arrivo di Ison e la contemporanea andata in vacca dell’audio del mio vecchio cellulare hanno fatto sì che mi decidessi allo storico change-over.

E siccome avete capito che per me gli smartphone sono il Male assoluto, fautori di un disastro sociale che crea rincoglioniti a ripetizione, e siccome che a me di navigare su internet in autobus non me ne frega niente, di scaricare inutili app men che meno, di postare in diretta su twitter quanti km sto percorrendo nel parco cittadino figuriamoci, ho cercato su internet un cellulare nuovo, “with a the least amount of stronzate”, tanto per parafrasare American Beauty. Un telefono per telefonare, punto e basta, mandare messaggi, segnarmi qualche appuntamento in agenda, programmare la sveglia. Un telefono leggero, che entri in tasca, la cui batteria duri qualche giorno.

Me la sono cavata con 70 euro e un cellulare da 900 grammi. Avrei potuto far meglio, spendere meno, lo so, ma mi accontento.

Scarto dunque il cellulare ( per molti l’unboxing di un cellulare e la successiva sua accensione sono momenti orgasmatici, per me è una rottura di palle dovermi abituare ad un nuovo strumento che non funziona come quello usato negli ultimi 4 anni), carico la batteria, e vado ad inserire la mia SIM.

Sorpresa: la mia SIM è grande il doppio dell’alloggiamento. Come cazzo è possibile? Eppure la mia SIM è solo di 15 anni fa, possibile che la tecnologia nel frattempo si sia evoluta?

Carico di questi dubbi mi rivolgo ad un negozio della mia compagnia telefonica, in cui entro per la prima volta nella mia vita. Il che risulta evidente dal dialogo che vi trascrivo (in corsivo sbarrato ciò che potrebbe aver pensato la commessa e non mi ha detto): Leggi il seguito di questo post »